Ho scritto questo breve testo tredici anni fa circa. Lo ripropongo perchè penso che sia attualissimo considerato come viene trattata la storia della nostra terra ancora oggi nei programmi ministeriali. Ecco perchè progetti come "la storia sarda nella scuola italiana", portato avanti da un valido gruppo di insegnanti e pubblicisti, vanno supportati e pubblicizzati il più possibile.
Certo le conclusioni sono un po' forti ma a 25 anni tutto è concesso.
Buona lettura.
Certo le conclusioni sono un po' forti ma a 25 anni tutto è concesso.
Buona lettura.
Giravo per casa alla ricerca di
un vecchio libro di storia giudicale del Carta Raspi quand’ecco che mi compare
davanti agli occhi il libro di storia che utilizzavo in 2° media. Lo prendo in
mano e comincio a sfogliarlo incuriosito. A distanza di anni, un po’ smaliziato
–storicamente si intende- non mi passa inosservata la prima cartina che
incontro a pag 32:
Si tratta della carta d’Europa
nel periodo di dissoluzione dell’impero romano. Guardate la Sardegna , giustamente
–almeno in linea di massima- si trova inserita tra i possedimenti dell’impero
romano d’oriente.
Non mi soffermo sulle inezie e
passo sopra alla dicitura “Cagliari” presente nella cartina. Certo una domanda
mi si pone all’istante: come si fa, in un libro di storia, ad inserire il nome
di una città che non esisteva?
Vabbè, si tratterà di un po’ di
pressappochismo, tipico italiano. Ma andiamo avanti perché nella pagina
successiva (p.33) la domanda si ripropone in maniera più insistente.
Siamo negli anni a cavallo della
fine del millennio e guardate un po’ la situazione dell’Italia e soprattutto
della Sardegna. Ancora una volta la nostra terra viene inserita –come nella
precedente cartina- tra i domini dell’Impero Romano d’Oriente oramai allo
sfascio. Notate però cosa compare tra le indicazioni geografiche: una città di
nome Arborea!
E già ragazzi è proprio così,
nell’anno mille -secondo lo storico italiano autore del libro- esisteva una
città con quel nome!! Strano mi si dirà. Abbiamo sempre creduto che a Tharros
fosse subentrata pressappoco in questi anni una città di nome Aristanis
(diventata capitale del giudicato di Arborea a partire dal 1050 per opera del
giudice Orzocco I de Lacon-Zuri).
E poi, una città con quel nome
–Arborea- ci risulta sia stata costruita nel nostro secolo e, battezzata
Mussolinia, ha assunto solo dopo la fine della 2a guerra mondiale questo nome.
Una ennesima domanda ci viene
spontanea, soprattutto dopo aver visto che compare un'altra città inventata di
nome “Torres”, non sarà mica che lo
storico italiano, sentendosi in colpa per aver cancellato totalmente dal suo
testo la nascente ripartizione della Sardegna in quattro Giudicati, abbia
deciso di fingere che si trattasse di semplici città?
Insomma non esistono i Giudicati,
ma esistono delle città fantasma. Un bell’inizio non c’è che dire!
Immaginate me povero studente
sardo costretto a sorbirmi questi singolari errorini storici, probabilmente l’italico storico aveva la
certezza che nessun studente se ne sarebbe mai accorto. Ciò che mi fa pensare è
il ruolo dei docenti: possibile che nessuno si lamentasse (uso il passato
perché non conosco gli attuali libri di storia utilizzati nella cosiddetta
italica scuola dell’obbligo)?
Beh, se volessimo provare a
scusare lo storico per tante “inesattezze” ci aspetteremmo che perlomeno per i
secoli successivi, vista la sua ottima conoscenza della Sardegna bizantina,
dedicasse un po’ di attenzione a quei quattro Stati sovrani che costituivano la Sardegna del medioevo.
Ovviamente nulla di tutto ciò. Guardate la cartina successiva: la Sardegna nel 1150 diventa
totalmente bianca (pp.77). Nemmeno la legenda si degna di spiegare ai poveri
studenti sardi cosa ne fosse di quella terra… e di quelle città fantasma
menzionate più sopra? Nessuna traccia, sparite anche loro. Eppure, strano a
dirsi, il Regno d’Ungheria campeggia nella sua vastità: il cartografo non ha
nemmeno la scusa di dire che si trattava di una cartina sulla penisola italica.
Forse quelle città fasulle erano
davvero un’esagerazione e avrebbero potuto far riflettere i poveri ragazzi
sardi che, vistisi presenti con realtà urbane all’interno della storia
mediterranea, avrebbero potuto chiedere qualche spiegazione ai professori di
turno. Ma ecco un'altra chicca, a distanza “di soli 50 anni” dalla cartina
precedente (pp.82). La
Sardegna trova finalmente una nuova collocazione geopolitica:
anche in questo caso piuttosto misteriosa.
Siamo nel 1190, alla morte di
Federico Barbarossa, e osservate un po’come l’Europa ritrova un ordine ben
definito secondo l’italica storiografia. La Sardegna ha fortunatamente ripreso colore: un
verdino simile simile a quello che viene utilizzato per l’Impero
Romano-Germanico e per il Regno d’Italia. Bah! Cosa dovremmo pensare? Forse che
in questi 50 anni Federico Barbarossa abbia convinto “sos Judiches sardos” a
giurargli fedeltà?
Ma che ci importa de “sos Judiches”?
basta cancellare la loro esistenza da qui alla fine del medioevo e nessuno si
accorgerà di nulla. Potrebbe sembrare una missione impossibile, ma il nostro
storico con un po’ di impegno e, forse, malafede… ci riuscirà perfettamente.
Con la cartina successiva si
completa l’opera: la Sardegna
diviene integralmente Aragonese. Nessuna distinzione -nel XIV secolo-
ovviamente tra i territori in mano agli aragonesi e quelli Arborensi ne tanto
meno un cenno -nel testo- alle battaglie durate circa 150 anni tra i due “stati
sovrani”.
Vi risparmio due ultime cartine
riguardanti il XV secolo dove finalmente ci si ricorda della Sardegna per
scriverci sopra “Sardegna, annessa al Regno di Aragona”. Come mai questa
precisazione mentre, ad esempio, sulla Sicilia compare semplicemente la scritta
: “Aragona”?
Forse lo storiografo dopo le
tante bugie precedenti si è sentito in dovere di ricordare 400 anni di
sovranità, guerre, istituzioni autoctone e libertà. Era giusto rendere omaggio,
in qualche modo, ai Giudicati dimenticati lasciando nel mistero il fatto che
dietro a quell’annessione ci fosse stata una epica lotta per l’indipendenza.
Passiamo a delle rapide
conclusioni.
Può trattarsi tutto questo di
semplice dimenticanza? Oppure la storia medievale sarda risultava scomoda per
le finalità politiche che la pubblica istruzione italiana aveva e ha tuttora nel
formare i giovani cittadini? Non ho alcun dubbio sulla risposta da dare a
queste e ad altre domande che sorgono all’analisi di simili scempi!
Ci hanno cancellato la storia
ieri, continuano a farlo oggi e lo faranno domani.
Un popolo senza storia è un
popolo incapace di costruire il proprio futuro. E allora perché non denunciare
la pubblica istruzione italiana per crimini contro l’umanità, falsificazione storica,
falso in atto pubblico? cosa c’è di più ufficiale se non i programmi
ministeriali e i libri di testo adottati?
Tante cose si potrebbero fare per
riappropriarci della storia, ma soprattutto tante ne dovremmo fare per non
permettere che ai nostri figli venga riservato lo stesso trattamento. Ci
lamentiamo tanto –e giustamente- per la cancellazione della lingua Sarda, ma
come è possibile che nessuno parli della Nostra Storia Nazionale totalmente
falsificata?
Ps.1
Dimenticavo, la fonte di questi rapidi cenni storiografici è: Antonio Brancati,
Fare storia 2, La Nuova Italia ,
Firenze 1985.
Ps.2
Proprio in quei giorni mi era capitato di acquistare Il Sole 24 Ore e di
prendere il libro allegato sulla storia d’Italia per scoprire nell’introduzione
che scopo del libro –secondo l’editore- è dimostrare che l’unità d’Italia non
nasce nel 1860 bensì possiede radici ben più solide nel tempo a partire dal
medioevo. Si criticava così un espressione di Benedetto Croce -a parer mio
molto bella- che liquidava simili tentativi di lettura facendoli passare “per
storielle, poemi, capolavori letterari e nulla più”. Evidentemente è un vizio
diffuso nella storiografia italiana… finchè i sardi continueranno a dormire…
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