mercoledì 14 ottobre 2015

La storia della Sardegna medievale nel mio libro di Storia delle medie

Ho scritto questo breve testo tredici anni fa circa. Lo ripropongo perchè penso che sia attualissimo considerato come viene trattata la storia della nostra terra ancora oggi nei programmi ministeriali. Ecco perchè progetti come "la storia sarda nella scuola italiana", portato avanti da un valido gruppo di insegnanti e pubblicisti, vanno supportati e pubblicizzati il più possibile.
Certo le conclusioni sono un po' forti ma a 25 anni tutto è concesso.
Buona lettura.





Giravo per casa alla ricerca di un vecchio libro di storia giudicale del Carta Raspi quand’ecco che mi compare davanti agli occhi il libro di storia che utilizzavo in 2° media. Lo prendo in mano e comincio a sfogliarlo incuriosito. A distanza di anni, un po’ smaliziato –storicamente si intende- non mi passa inosservata la prima cartina che incontro a pag 32:



Si tratta della carta d’Europa nel periodo di dissoluzione dell’impero romano. Guardate la Sardegna, giustamente –almeno in linea di massima- si trova inserita tra i possedimenti dell’impero romano d’oriente.
Non mi soffermo sulle inezie e passo sopra alla dicitura “Cagliari” presente nella cartina. Certo una domanda mi si pone all’istante: come si fa, in un libro di storia, ad inserire il nome di una città che non esisteva?
Vabbè, si tratterà di un po’ di pressappochismo, tipico italiano. Ma andiamo avanti perché nella pagina successiva (p.33) la domanda si ripropone in maniera più insistente.
Siamo negli anni a cavallo della fine del millennio e guardate un po’ la situazione dell’Italia e soprattutto della Sardegna. Ancora una volta la nostra terra viene inserita –come nella precedente cartina- tra i domini dell’Impero Romano d’Oriente oramai allo sfascio. Notate però cosa compare tra le indicazioni geografiche: una città di nome Arborea!
E già ragazzi è proprio così, nell’anno mille -secondo lo storico italiano autore del libro- esisteva una città con quel nome!! Strano mi si dirà. Abbiamo sempre creduto che a Tharros fosse subentrata pressappoco in questi anni una città di nome Aristanis (diventata capitale del giudicato di Arborea a partire dal 1050 per opera del giudice Orzocco I de Lacon-Zuri).
E poi, una città con quel nome –Arborea- ci risulta sia stata costruita nel nostro secolo e, battezzata Mussolinia, ha assunto solo dopo la fine della 2a guerra mondiale questo nome.
Una ennesima domanda ci viene spontanea, soprattutto dopo aver visto che compare un'altra città inventata di nome “Torres”,  non sarà mica che lo storico italiano, sentendosi in colpa per aver cancellato totalmente dal suo testo la nascente ripartizione della Sardegna in quattro Giudicati, abbia deciso di fingere che si trattasse di semplici città?
Insomma non esistono i Giudicati, ma esistono delle città fantasma. Un bell’inizio non c’è che dire!
Immaginate me povero studente sardo costretto a sorbirmi questi singolari errorini storici,  probabilmente l’italico storico aveva la certezza che nessun studente se ne sarebbe mai accorto. Ciò che mi fa pensare è il ruolo dei docenti: possibile che nessuno si lamentasse (uso il passato perché non conosco gli attuali libri di storia utilizzati nella cosiddetta italica scuola dell’obbligo)?




Beh, se volessimo provare a scusare lo storico per tante “inesattezze” ci aspetteremmo che perlomeno per i secoli successivi, vista la sua ottima conoscenza della Sardegna bizantina, dedicasse un po’ di attenzione a quei quattro Stati sovrani che costituivano la Sardegna del medioevo. Ovviamente nulla di tutto ciò. Guardate la cartina successiva: la Sardegna nel 1150 diventa totalmente bianca (pp.77). Nemmeno la legenda si degna di spiegare ai poveri studenti sardi cosa ne fosse di quella terra… e di quelle città fantasma menzionate più sopra? Nessuna traccia, sparite anche loro. Eppure, strano a dirsi, il Regno d’Ungheria campeggia nella sua vastità: il cartografo non ha nemmeno la scusa di dire che si trattava di una cartina sulla penisola italica.




Forse quelle città fasulle erano davvero un’esagerazione e avrebbero potuto far riflettere i poveri ragazzi sardi che, vistisi presenti con realtà urbane all’interno della storia mediterranea, avrebbero potuto chiedere qualche spiegazione ai professori di turno. Ma ecco un'altra chicca, a distanza “di soli 50 anni” dalla cartina precedente (pp.82). La Sardegna trova finalmente una nuova collocazione geopolitica: anche in questo caso piuttosto misteriosa.





Siamo nel 1190, alla morte di Federico Barbarossa, e osservate un po’come l’Europa ritrova un ordine ben definito secondo l’italica storiografia. La Sardegna ha fortunatamente ripreso colore: un verdino simile simile a quello che viene utilizzato per l’Impero Romano-Germanico e per il Regno d’Italia. Bah! Cosa dovremmo pensare? Forse che in questi 50 anni Federico Barbarossa abbia convinto “sos Judiches sardos” a giurargli fedeltà?
Ma che ci importa de “sos Judiches”? basta cancellare la loro esistenza da qui alla fine del medioevo e nessuno si accorgerà di nulla. Potrebbe sembrare una missione impossibile, ma il nostro storico con un po’ di impegno e, forse, malafede… ci riuscirà perfettamente.
Con la cartina successiva si completa l’opera: la Sardegna diviene integralmente Aragonese. Nessuna distinzione -nel XIV secolo- ovviamente tra i territori in mano agli aragonesi e quelli Arborensi ne tanto meno un cenno -nel testo- alle battaglie durate circa 150 anni tra i due “stati sovrani”.





Vi risparmio due ultime cartine riguardanti il XV secolo dove finalmente ci si ricorda della Sardegna per scriverci sopra “Sardegna, annessa al Regno di Aragona”. Come mai questa precisazione mentre, ad esempio, sulla Sicilia compare semplicemente la scritta : “Aragona”?
Forse lo storiografo dopo le tante bugie precedenti si è sentito in dovere di ricordare 400 anni di sovranità, guerre, istituzioni autoctone e libertà. Era giusto rendere omaggio, in qualche modo, ai Giudicati dimenticati lasciando nel mistero il fatto che dietro a quell’annessione ci fosse stata una epica lotta per l’indipendenza.







Passiamo a delle rapide conclusioni.
Può trattarsi tutto questo di semplice dimenticanza? Oppure la storia medievale sarda risultava scomoda per le finalità politiche che la pubblica istruzione italiana aveva e ha tuttora nel formare i giovani cittadini? Non ho alcun dubbio sulla risposta da dare a queste e ad altre domande che sorgono all’analisi di simili scempi!
Ci hanno cancellato la storia ieri, continuano a farlo oggi e lo faranno domani.
Un popolo senza storia è un popolo incapace di costruire il proprio futuro. E allora perché non denunciare la pubblica istruzione italiana per crimini contro l’umanità, falsificazione storica, falso in atto pubblico? cosa c’è di più ufficiale se non i programmi ministeriali e i libri di testo adottati?
Tante cose si potrebbero fare per riappropriarci della storia, ma soprattutto tante ne dovremmo fare per non permettere che ai nostri figli venga riservato lo stesso trattamento. Ci lamentiamo tanto –e giustamente- per la cancellazione della lingua Sarda, ma come è possibile che nessuno parli della Nostra Storia Nazionale totalmente falsificata?




Ps.1 Dimenticavo, la fonte di questi rapidi cenni storiografici è: Antonio Brancati, Fare storia 2, La Nuova Italia, Firenze 1985.
Ps.2 Proprio in quei giorni mi era capitato di acquistare Il Sole 24 Ore e di prendere il libro allegato sulla storia d’Italia per scoprire nell’introduzione che scopo del libro –secondo l’editore- è dimostrare che l’unità d’Italia non nasce nel 1860 bensì possiede radici ben più solide nel tempo a partire dal medioevo. Si criticava così un espressione di Benedetto Croce -a parer mio molto bella- che liquidava simili tentativi di lettura facendoli passare “per storielle, poemi, capolavori letterari e nulla più”. Evidentemente è un vizio diffuso nella storiografia italiana… finchè i sardi continueranno a dormire…



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