La classe politica sarda è impegnatissima in questo periodo a verificare vittorie e sconfitte elettorali, a rilasciare proclami sui massimi sistemi, ad annunciare la fine del berlusconismo e la resurrezione degli eredi del governo Prodi-Mastella-Bertinotti.
In Sardegna, intanto, il sistema socio-economico si trasforma, muta incessantemente e le trasformazioni, che meriterebbero ben altra attenzione da parte della politica, passano quasi inosservate.
In fondo i fenomeni sociali sono poco interessanti quando non si tratta di cronaca o di avvenimenti direttamente strumentalizzabili nella diatriba tra centro-destra e centro-sinistra italiani. L'interesse nazionale del nostro popolo risulta sempre marginalizzato, trascurato e reso subalterno all'interesse nazionale italiano: questa è la regola, il resto è eccezione trascurabile.
A chi interessa, ad esempio, se nell'ultimo anno i giovani contribuenti sardi tra i 15 e i 24 anni si sono ridotti del 5%? E che tale trend è paurosamente in crescita?
Una recente ricerca, analizzando i dati del Dipartimento delle Finanze - Ministero dell’Economia, ha messo in evidenza che in Sardegna in un anno sono spariti dalla lista dei percettori di reddito ben 2500 persone in una fascia d'età cruciale per i destini economici di un popolo (senza un corrispondente aumento dei livelli di istruzione). Nel 2008 risultavano circa 53000 e nel 2009 si è passati a circa 50.000. Il dato è significativo ma pare che nessuno se ne voglia preoccupare.
Si dirà che siamo in crisi, si dirà che a risentirne siano in particolare i giovani ma non si può evitare di trarre le considerazioni più generali: in Sardegna si sta assistendo ad una catastrofe epocale. Non basterà indignarsi: per uscire da questa situazione ci vorrà la politica, ci vorrà soprattutto una classe dirigente nazionale sarda che porti avanti strategie per questo popolo e per le sue giovani generazioni.
Per questo abbiamo bisogno di misure di ampio respiro che sostengano lo spirito imprenditoriale, la formazione, la ricerca e che siano attente a supportare le idee delle nuove generazioni, il loro mettersi in gioco, la loro voglia di cambiamento.
Nel frattempo si potrebbe: creare "un fondo per il futuro", sul modello del Future Found creato dal governo indipendentista scozzese, che serva da supporto alle giovani generazioni per sviluppare idee innovative in settori strategici; rafforzare i servizi pubblici per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile; istituire una carta dei diritti di cittadinanza che supporti i percorsi formativi e di vita delle giovani generazioni.
Insomma, si dovrebbe smettere di discutere d'altro e cominciare ad agire nel nostro interesse, per il nostro interesse.
Non possiamo più rimanere in silenzio di fronte alla marginalizzazione di generazioni intere del nostro popolo e soprattutto alla cancellazione del loro diritto di avere una famiglia, un lavoro e un futuro dignitoso in questa terra.
I governi ed i partiti politici vanno valutati su ciò che sapranno fare su queste tematiche e non sulla capacità di chiedere l'elemosina al governo italiano di turno.
Chi vorrà continuare a parlare di Berlusconi, Prodi e dei loro eredi faccia pure. A noi indipendentisti deve interessare ben altro.
Frantziscu Sanna
mercoledì 1 giugno 2011
In Sardegna, mentre spariscono i giovani, si preferisce parlare di Berlusconi & C.
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