lunedì 26 settembre 2011

Il lavoro del futuro: la Sardegna tra terziarizzazione e conoscenza


Entro il 2020 il 35 per cento dei posti di lavoro dell'Unione Europea richiederà una laurea.
Ciò significa che l'evoluzione del mercato del lavoro europeo procede in maniera radicale verso uno scenario completamente nuovo.
Si passerà definitivamente ad un contesto lavorativo in cui conteranno le preparazioni specialistiche, le capacità di innovazione ed un approccio fortemente legato alla creazione di valore aggiunto sulle proprie produzioni siano esse legate al settore alimentare, a quello turistico, a quello industriale o a quello dei servizi.
I sistemi economici dell'occidente europeo procedono in un percorso di sostanziale terziarizzazione che, dopo aver visto realizzare la predominanza dei colletti bianchi sui cosiddetti colletti blu, vede ora un passaggio qualitativo ulteriore: dal terziario tradizionale al terziario avanzato.  
Questo importante cambiamento non trova tuttavia riscontro in quelle che dovrebbero essere delle opportune politiche per favorire l'innalzamento del livello di laureati sul totale della popolazione.
La situazione risulta quanto meno drammatica, soprattutto se si considera l'immobilità dell'attuale classe politica su questo tema. Tagli costanti all'università ed al diritto allo studio rappresentano una prassi che limita non solo le possibilità di accesso dei giovani al mercato del lavoro ma determina un futuro drammatico dal punto di vista sociale per l'intera collettività.
Ci si preoccupa in maniera ossessiva per salvare aziende e imprese che nulla hanno da dare al nostro territorio, se non inquinamento prodotto, distribuendo quantita ingenti di contributi pubblici. Si pensi, ad esempio, alla vicenda legata all'euroallumina. La Commissione europea ha proprio in questi giorni deferito l'Italia alla Corte di giustizia dell'UE per il mancato adempimento a due decisioni del 2005 e 2007 in cui dichiarava illegali gli aiuti di Stato concessi alla multinazionale che opera in Sardegna sotto forma di riduzioni delle accise sui combustibili. 25 milioni di euro tolti dalle tasche dei cittadini per finanziare un'azienda inquinante e priva di prospettive (ne abbiamo parlato qui). Qualcuno ricorda la vicenda riguardante la gestione dei fanghi rossi in ungheria? Speriamo di non doverci trovare ad affrontare ulteriori emergenze. Nel frattempo, mentre si concedevano i soldi pubblici all'euroalluminia, le università sarde vedevano immancabilmente tagliati i contributi e si vedevano costrette ad operare in un contesto di assoluta precarietà. Si potrebbe sintetizzare con l'equazione: più inquinamento meno conoscenza. 

Negli stati uniti d'america la percentuale di laureati sul totale della popolazione è pari al 41%, in Canada si arriva addirittura al 50%. E in Europa?Attualmente ci si ferma al 26%. Saremo pronti nel 2020 a rispondere alle differenti esigenze produttive che il sistema dell'economia-mondo pretenderà? In tanti, nel vecchio continente, si stanno attrezzando per questa sfida, anche piccole nazioni senza stato stanno lavorando assiduamente in questa direzione. Si pensi al livello di laureati sul totale della popolazione dei Paesi Baschi (42% della popolazione) o a quello dell'Estonia (35%) o ancora a quello Irlandese e della Scozia (30 e 35% rispettivamente). La Sardegna in questo contesto si trova ai margini dello scenario europeo presentando valori di laureati sul totale della popolazione tra i più bassi in assoluto: appena il 12%. Valori, quelli sardi, ben al di sotto di tutti i nuovi stati che di recente hanno aderito all'unione europea, romania compresa. Che ne sarà della sardegna nei prossimi decenni? E dei nostri lavoratori? E del nostro tessuto produttivo?

E' vero che si sta attraversando un periodo di crisi, ma è proprio in queste fasi storiche che è necessario scegliere bene gli investimenti migliori per il proprio futuro.
La Sardegna da questo punto di vista necessità di un vero è proprio ribaltamento di prospettiva. Il fallimento dell'istruzione pubblica italiana in Sardegna è sotto gli occhi di tutti. Solo la classe politica unionista stenta a prenderne atto. Eppure abbiamo risorse, intelligenze e capacità che potrebbero essere utilizzate molto meglio.
L'acquisizione di una piena sovranità nell'istruzione con un piano per la definizione di un sistema scolastico nazionale in grado di ribaltare i mali atavici attuali potrà consentire di riaccendere le speranze.  Chi tra i partiti politici attualmente presenti in Sardegna inserirà nei suoi programmi una battaglia per acquisire piena sovranità nell'istruzione? Chi proporrà l'apertura di un nuovo ateneo (della Sardegna Centrale) che rilanci la formazione di competenze elevate in Sardegna e che sia in grado di produrre conoscenze e lavoratori qualificati, attirare investimenti esteri, realizzare spin-off e nuovo spirito imprenditoriale?

Ai partiti indipendentisti e sovranisti spetterà questo arduo compito, con l'obbligo di presentare i necessari programmi per il reperimento delle risorse e la definizione dei piani di fattibilità. Sarà un primo passo per poter dare alla nostra futura repubblica un sistema avanzato di istruzione pubblica in linea con i migliori standard mondiali ed europei.Un piccolo passo, indispensabile, che potrà, assieme ad altri, restituire alle nostre comunità una speranza per un futuro di autodeterminazione e prosperità. 

Frantziscu Sanna


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