Ricordate i TEN-T? Sono i corridoi per
la mobilità europea di cui più volte abbiamo parlato in questo spazio (qui).
Si è aperta in queste ultime
settimane una polemica tra gli europarlamentari italiani e la commissione
europea per il percorso ipotizzato per il corridoio "uno" che parte
da Helsinky, passa per Berlino e giunge fino a Malta (qui).
L'ipotesi che il corridoio potesse evitare la Sicilia, passando per la direttrice Napoli-Bari nel tratto italiano, ha fatto mobilitare
subito gli europarlamentari Siciliani, e non solo, per evitare che l'isola
fosse tagliata fuori dagli ingenti finanziamenti che tali corridoi si portano
immancabilmente dietro.
Perché è necessario parlare di tutto questo? Perché è semplice fare un
parallelo con la Sardegna.
Per due ragioni in particolare: la prima riguarda l'assurda assenza di europarlamentari che si occupino della nostra nazione e della sua esclusione pressochè totale dagli investimenti dei TEN-T; la seconda dimostra come una piccola isola quale è Malta, per il semplice fatto di essere una Repubblica indipendente, possa contare in tutti i tavoli di trattativa per tutelare il proprio interesse nazionale. La repubblica maltese non solo è compresa nel percorso dei TEN-T ma risulta essere addirittura uno degli snodi fondamentali.
Per due ragioni in particolare: la prima riguarda l'assurda assenza di europarlamentari che si occupino della nostra nazione e della sua esclusione pressochè totale dagli investimenti dei TEN-T; la seconda dimostra come una piccola isola quale è Malta, per il semplice fatto di essere una Repubblica indipendente, possa contare in tutti i tavoli di trattativa per tutelare il proprio interesse nazionale. La repubblica maltese non solo è compresa nel percorso dei TEN-T ma risulta essere addirittura uno degli snodi fondamentali.
Il prossimo 19
ottobre la Commissione europea presenterà, dopo 2 anni di trattative tra i
differenti stati e i diversi stakeholder, le sue proposte di revisione dei
corridoi transeuropei per il 2014-2020. A quel punto per noi e per la nostra nazione una cosa
sarà certa: la Sardegna non ci sarà e l'Europa sarà ancora pù lontana.
Quando si renderanno conto i Sardi che conquistare
l'indipendenza all'interno dell'Europa potrebbe diventare realmente una grande
occasione per la nostra terra per rilanciare se stessa economicamente, socialmente
e politicamente.
Chi, in Sardegna, continua a vedere l'indipendenza e
l'indipendentismo come una piaga da estirpare continuerà a difendere gli
interessi nazionali italiani sacrificando immancabilmente il futuro delle
nostre comunità. L'unionismo oggi in Sardegna tutela tali interessi, contrari a
quelli sardi, è giusto dirselo e ribadirlo in ogni contesto. La nostra strada
per l'autodeterminazione va ancora tracciata, a questo dovrà servire un indipendentismo
di governo preparato e pronto ad affrontare le sfide dei prossimi decenni. Tali sfide parlano di infrastrutture, di reti, di finanza, di welfare state, di politiche per il lavoro, di istituzioni, di impresa, di sanità, di cultura, di diritti, di ricerca, di innovazione, insomma di progetti e idee per la nostra terra e per il nostro popolo a 360 gradi.
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