La chiesa di Santa Maria ad Aristanis è stata sicuramente uno di più emozionanti esempi di architettura gotico/romanica in Sardegna. Simbolo massimo della grandezza del giudicato di Arborea e della prosperità delle sue genti. Tuttavia di tale meraviglia non rimane granchè se si escludono alcune cappelle gotiche conservatesi miracolosamente nell'attuale struttura. Chiunque di voi provasse a visitarla per osservare tali resti rimarrebbe stupito dal vedere cancellato ovunque il simbolo dell'epopea giudicale. L'albero eradicato segno di libertà e di indipendenza, dopo la sconfitta con i catalano-aragonesi fu cancellato da quasi tutte le strutture cittadine tanto che per vederne qualche esemplare ci si deve spostare o nei territori esterni all'allora capitale o nei pochi posti in cui la furia catalana-aragonese non arrivò (monastero di santa chiara ad esempio). Ero certo tuttavia che un alberello da qualche parte, in quella foggia medievale che nulla ha a che vedere con le successive post cinquecentesche, doveva essere sopravvissuto.
Se chiudo gli occhi immagino di vedere la storia di quei momenti quando passato il 1473 e oramai sconfitto anche l'ultimo paladino dell'indipendenza (Leonardo Alagon) i catatalano-aragonesi si dilettarono nella cancellazione di quella storia e di quel simbolo che tanti problemi aveva creato alle loro mire espansionistiche nel Mediterraneo. "Distruggere tutte le effigi di quel maledetto albero da ogni chiesa e da ogni struttura pubblica": questo dev'essere stato l'ordine perentorio dato ai sudditi di sua maestà in terra di Sardegna. E così Aristanis, le sue chiese e i suoi monumenti videro pian piano sparire quel marchio, quel simbolo, affinchè le genti non potessero più ricordare, affinchè nessuno potesse raccontare di quei giudici che con quel vessillo furono in grado di dare splendore, diritti e ricchezza alle proprie comunità. Ma in un posto, in un unico luogo, simbolico come pochi, quell'albero fu salvato dalla folle volontà di riscrittura della storia. Non fu possibile salvarne alcuno nella struttura della chiesa, troppo visibili, troppo evidenti per sfuggire alle volontà dei nuovi padroni e allora eccolo là in un luogo non comune, uno spazio non pubblico ma allo stesso tempo lo spazio maggiormente simbolico di una capitale medievale. (continua...)
Se chiudo gli occhi immagino di vedere la storia di quei momenti quando passato il 1473 e oramai sconfitto anche l'ultimo paladino dell'indipendenza (Leonardo Alagon) i catatalano-aragonesi si dilettarono nella cancellazione di quella storia e di quel simbolo che tanti problemi aveva creato alle loro mire espansionistiche nel Mediterraneo. "Distruggere tutte le effigi di quel maledetto albero da ogni chiesa e da ogni struttura pubblica": questo dev'essere stato l'ordine perentorio dato ai sudditi di sua maestà in terra di Sardegna. E così Aristanis, le sue chiese e i suoi monumenti videro pian piano sparire quel marchio, quel simbolo, affinchè le genti non potessero più ricordare, affinchè nessuno potesse raccontare di quei giudici che con quel vessillo furono in grado di dare splendore, diritti e ricchezza alle proprie comunità. Ma in un posto, in un unico luogo, simbolico come pochi, quell'albero fu salvato dalla folle volontà di riscrittura della storia. Non fu possibile salvarne alcuno nella struttura della chiesa, troppo visibili, troppo evidenti per sfuggire alle volontà dei nuovi padroni e allora eccolo là in un luogo non comune, uno spazio non pubblico ma allo stesso tempo lo spazio maggiormente simbolico di una capitale medievale. (continua...)
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