martedì 18 gennaio 2011

(3a Parte) Progettare una Repubblica nuova

Sperimentare nuova partecipazione: la seconda grande trasformazione
In una fase storica di profonda trasformazione, forse la seconda grande trasformazione vissuta dalla nostra società negli ultimi 100 anni, la società sarda, o meglio le società sarde, hanno bisogno di nuova partecipazione democratica.
È assolutamente inutile riempirsi la bocca di coinvolgimento delle parti sociali, economiche se poi ci si dimentica dei cittadini, singoli individui portatori di un patrimonio immenso di relazioni sociali, non tutelati attualmente da nessuna organizzazione di categoria.  I cittadini delle nostre 377 comunità, e solo loro, devono poter esporre la propria idea di futuro e partecipare concretamente ad ogni processo di trasformazione sociale ed economico. Noi ce ne accorgiamo quotidianamente.
Il dibattito sulla riforma dello statuto è stato una palestra meravigliosa che ci ha permesso di capire quanto gli autonomisti non abbiano percepito il mutamento in corso, le volontà delle nuove generazioni e la necessità di cambiamenti istituzionali reali, non fasulli o di facciata.
Noi, nel nostro piccolo, vogliamo costruire all’interno del movimento uno spazio del confronto condiviso e propositivo dove tutti coloro che diventano “attivisti del progetto” possano prendere parte alle decisioni del movimento utilizzando quelle che oggi sono anche le potenzialità del web, dando vita ad una vera comunità: quella dei repubblicani sardi.
Quelle che stanno crescendo oggi sono generazioni di persone la cui formazione politica è costruita nella rete e per la rete e, attraverso la rete, strutturano nuove relazioni, nuovi network densi di significato e carichi di prospettive di trasformazione.
iRS ha provato a dar corpo in 10 anni ad un modello in grado di intercettare queste spinte: i risultati si vedono e, oggi, hanno bisogno di un ulteriore passo in avanti.
Relazioni in presenza e relazioni a distanza, una fitta trama di senso, di volontà politiche di cambiamento e di trasformazione.
Tutto questo è stato possibile perché il nostro (ex) movimento è stato il primo e unico del nuovo millennio, nato nel nuovo millennio, con gli strumenti che il nuovo millennio ci ha fornito.
iRS è nato e cresciuto con la condivisione dei contenuti, con la stesura partecipata dei documenti, iRS è stato la politica dello sharing, o meglio iRS è stato lo sharing della politica: nuova politica.
Non sarebbe esistito iRS senza il web 2.0, non esisterebbe iRS senza la seconda modernità, senza la seconda grande trasformazione. Oggi noi Repùbricanos vogliamo continuare in questo percorso, con maggiore convinzione e volontà di innovazione.
“Sa Costituente Repùbricana” è uno strumento di questo agire, di questo percorso.
La prima Grande Trasformazione, quella di tipo socio economico, è quella che ha cambiato per sempre gli equilibri della nostra struttura produttiva. Dalla cultura del vidazzone e del pabarile, alla cultura di una società altamente terziarizzata.
La seconda grande trasformazione è puramente relazionale, vive della prima dal punto di vista socio-economico ma innesta tratti nuovi che pertengono alla sfera relazionale degli individui, alla loro capacità di interazione.
Nessun partito in Sardegna può vantare oggi una struttura capace di cogliere questo tipo di trasformazione fino in fondo, strumenti in grado di generare una vicinanza disarmante tra l’ultimo degli attivisti e il primo dei dirigenti.
La politica autonomista non è attrezzata per rispondere alle esigenze della nostra società, l’indipendentismo ci sta perlomeno provando, è obbligato a provarci, in tutte le sue forme ed espressioni, fino in fondo.

Per questa ragione quando sentiamo parlare di nuovo statuto e di riscrittura della carta costituzionale del popolo sardo, noi non possiamo non rabbrividire nel sentire che, nelle intenzioni di molti, sarebbe stata sufficiente una commissione consiliare con il compito di stendere il documento da condividere con le parti sociali, quei sindacati da cinquant’anni paladini della conservazione, per poi farlo votare ai sardi, magari attraverso un referendum.
Per noi è a dir poco impensabile e insostenibile qualsiasi percorso del genere che non coinvolga la società sarda e che, ancora una volta, finisce per considerarla un semplice elemento accessorio, a tratti inutile.
Non ci colpisce più di tanto la questione dell’urgenza dovuta al dibattito, tutto italiano, sul federalismo fiscale. Per noi il dibattito politico italiano, che piaccia o meno a qualcuno, non rappresenta un’urgenza ne tanto meno un problema interessante da risolvere. Il nostro grande problema è sempre il solito: costruire coscienza nazionale seria, con la non violenza, il non nazionalismo. Insomma, un nuovo modo di essere Repubblicani Sardi.
L’Italia è terra di costanti emergenze e se ne troverà sempre una buona per impedire ai sardi di ragionare sul proprio futuro. Prendiamoci tutto il tempo di cui abbiamo bisogno, l’importante è cominciare a trasformare ciò che ci circonda. L’importante è cominciare a costruire la nostra Repubblica.
Così, per noi, l’acquisizione di coscienza nazionale è un processo di acquisizione di fiducia, c’è bisogno di tempo, il giusto tempo.
Noi siamo convinti che non si possa saltare alcuno scalino nel lungo processo di autodeterminazione che il popolo sardo deve percorrere, noi crediamo che ognuno di quegli scalini abbia un suo specifico significato, importante e irrinunciabile. Per questa ragione preferiamo credere che siamo in cammino e non che quel cammino sia già stato percorso.

Segue... (4a Parte La confusione postmoderna: dall’autonomia alla sovranità)


testo modificato dell'intervento tenuto all'incontro orgnizzato da Sardegna Democratica su "Autonomia, sovranità, indipendenza" Cagliari | Hotel Mediterraneo | Sett.2010

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