Mentre la classe dirigente sarda si concentra sulla crisi della giunta regionale, in Sicilia l'assessore all'Economia Armao propone un emendamento al disegno di legge per la modifica dello Statuto nella parte inerente le Entrate fiscali dell'Ente insulare. Attraverso questo emendamento la Regione Sicilia punta ad ottenere il 20% delle accise derivanti da prodotti petroliferi raffinati nel proprio territorio e consumati nella penisola italiana.
La questione delle entrate fiscali inerenti le accise petrolifere rappresenta uno degli elementi maggiormente controversi anche per quel concerne attualmente il nostro bilancio.
Alla Regione Autonoma della Sardegna, da Statuto, dovrebbero spettare i 9/10 delle imposte di fabbricazione che gravano sui prodotti petroliferi. Ogni anno nelle casse della RAS entrano, grazie alle produzioni della Saras, circa 600 milioni di Euro frutto della compartecipazione alle accise di fabbricazione dei prodotti che escono dallo stabilimento di Sarroch.
Si tratta all’incirca di 1/12 del nostro bilancio (che si aggira annualmente attorno ai 7 miliardi di euro). Non è poco.
Considerato però che la SARAS, società dei Moratti sita nel golfo di Cagliari, produce circa il 15% di tutto il fabbisogno di prodotti petroliferi dello Stato Italiano, ogni anno le tasse che gravano su tale produzione ammontano a circa i 4,5 miliardi di euro.
Si tratta all’incirca di 1/12 del nostro bilancio (che si aggira annualmente attorno ai 7 miliardi di euro). Non è poco.
Considerato però che la SARAS, società dei Moratti sita nel golfo di Cagliari, produce circa il 15% di tutto il fabbisogno di prodotti petroliferi dello Stato Italiano, ogni anno le tasse che gravano su tale produzione ammontano a circa i 4,5 miliardi di euro.
Tali produzioni gravano, per il loro impatto ambientale e per la pericolosità insita nello stabilimento stesso, sul popolo sardo e sulla sua economia. Le entrate fiscali vanno invece ad appannaggio di altri interessi.
Forse è giunto il momento, mentre si discute di federalismo fiscale, di ribadire con convinzione l'esigenza di riapertura di questa vertenza. Senza aspettare che sia lo stato italiano a definire la questione a suo vantaggio.
Se la regione Sicilia riuscirà nel suo intento otterrà una cifra aggiuntiva pari a 1,7 mld di euro. E noi? Come intendiamo far valere questo diritto nel processo di contrattazione e di definizione del federalismo fiscale? Ci vorrebbe un pò di pragmatismo e di volontà condivisa per difendere quello che dovrebbe essere il nostro irrinunciabile interesse nazionale.
Forse, ancora oggi, siamo schiavi del vecchio trucco del "governo amico". Pur di non dar fastidio alla propria parte politica (in questo caso il governo Berlusconi) si tende a tutelare un interesse avverso al nostro. Probabilmente alle prossime elezioni, tale atteggiamento, renderà a qualcuno il seggio sicuro o qualche posticino di sottogoverno.
Dobbiamo invertire la rotta. Pretendiamo subito il 40% delle accise che gravano su prodotti raffinati in Sardegna e consumati in Italia in quanto spettante per l'impatto ambientale del sito produttivo e per l'assenza di reti infrastrutturali energetiche degne di questo nome (metano). Contrattiamo poi un ulteriore 10% con lo stato Italiano con la prospettiva di accollarci interamente la spesa inerente l'istruzione universitaria in Sardegna (sul modello attuato recentemente in Trentino).
Potrebbe essere questo un piccolo passo di sovranità da compiere subito. Da limare, modificare ma da considerare comunque come base di ragionamento e di contrattazione.
Dobbiamo tirare fuori un pò di coraggio, altrimenti le nostre comunità continueranno a tagliare i servizi pubblici per mancanza di risorse, i nostri disoccupati continueranno ad emigrare, il nostro futuro di prosperità e benessere diventerà sempre più difficile da costruire.
Facciamo un passo verso una reale sovranità fiscale, facciamo un passetto ulteriore verso la nostra indipendenza nazionale.
Frantziscu Sanna
ps Altra cosa è invece fare i conti su quanti introiti negli ultimi anni sono mancati dalle nostre casse. Se si provassero a valutare assieme la vertenza entrate e la vertenza accise ci si ritroverebbe di fronte a cifre da far rabbrividire. Cosa sarebbe il nostro sistema economico se negli ultimi anni avesse potuto fare affidamento su 3 miliardi di euro in più in bilancio dovuti alle accise petrolifere? Attualmente sono da mettere in conto nel libro delle occasioni mancate.
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