giovedì 9 giugno 2011

Gödöllő, la Sardegna e l’Europa. Breve storia di una relazione mancata

Mentre, senza dubbio, avrete ben chiaro dove sia la Sardegna e cosa sia l’Europa, vi sarete probabilmente chiesti cosa sia Gödöllő?
Ebbene, cominciamo da qua: Gödöllő, con i suoi tanti accenti, non è nient’altro che il nome di una ridente cittadina di 32.907 abitanti situata nella provincia di Pest, nell'Ungheria settentrionale. Una piccola realtà urbana, non lontana dalla capitale Budapest, che il venti maggio ha ospitato un’importante conferenza sul futuro dell’Europa e sul futuro della politica di coesione.

In questi giorni si fa un gran parlare della possibilità che vi sia un disimpegno degli attuali fondi europei destinati alla Sardegna, per la rituale incapacità nella spendita delle risorse. Non entrerò tuttavia nel merito della questione anche se mi riprometto di farlo nei prossimi giorni in maniera meno demagogica di quanto non si sia fatto sulla stampa sarda.
Mi interessa, in questo frangente, spendere due parole sul meeting di Gödöllő, ovvero sul consesso delle nazioni europee che si sono confrontate per decidere anche il futuro della Sardegna. Da queste riunioni è possibile capire e forse anche convincersi di quanto sia differente stare in Europa da piccola repubblica o starci da semplice regione periferica di uno stato plurinazionale.
Ad incontrarsi nel palazzo reale di Gödöllő sono stati, infatti, tutti i rappresentanti degli stati dell’Unione Europea responsabili della politica di coesione. Dai potentissimi ministri degli stati che hanno dato vita all’unione – Francia, Germania, Italia - ai ministri delle piccole Repubbliche entrate di recente tra gli stati aderenti - Estonia, Slovenia, Cipro, Malta-. Insomma, tutti gli stati aderenti ma non solo: a decidere il futuro delle politiche europee, sempre più importanti nei processi di trasformazione e sostegno dei sistemi economici, c’erano persino degli invitati speciali. Erano presenti, infatti, le delegazioni di quei paesi che hanno fatto recentemente richiesta per entrarvi. Dalla piccola Islanda, terra che conta a malapena 300 mila abitanti, a tutte le nuove repubbliche dei paesi slavi: Montenegro, Macedonia e Croazia.
Piccoli stati, questi ultimi menzionati, che si apprestano ad affrontare la sfida dell’ingresso in Europa e che ben presto saranno chiamati ad esprimere una classe dirigente in grado di confrontarsi con stati ben più potenti e attrezzati. Piccole Repubbliche che non si intimoriscono per l’impegnativa sfida ma che anzi danno sfogo a tutte le loro qualità, alle loro aspirazioni ed alla loro idea di futuro perché non più relegate ad oggetto di storia quanto divenute ufficialmente soggetto attivo della stessa.
Ben presto anche loro dovranno esprimere un governo autorevole pronto a guidare l’Europa nel semestre di competenza, dovranno inviare i propri rappresentanti nel parlamento europeo, i propri funzionari a gestire ed amministrare le politiche, i propri rappresentanti nel comitato economico e sociale e via discorrendo.
Ben presto saranno parte attiva di un reale processo di condivisione del futuro che si chiama Europa. Ben presto potranno dire la loro in maniera chiara sulla strategia comunitaria denominata “Europa 2020” e potranno dimostrare di essere all’altezza delle sfide della modernità, difendere la propria lingua e tutelare i propri diritti sociali ed economici di fronte a tutti i popoli europei.
Non possiamo non ammirare questi popoli e le loro classi dirigenti per aver creduto dapprima nella libertà e, successivamente, nel processo di condivisione del proprio destino.
Questa è la strada, l’unica strada. Assumersi la responsabilità di far esistere il proprio popolo, farlo coscientemente, entrare in Europa e starci al pari degli altri popoli.
Una strada, però, che può essere percorsa solo da chi è capace di assumersi le proprie responsabilità. In un viaggio del genere non c’è posto per i  senza coraggio che si accontentano di qualche posto da sottosegretario nel governo amico, non c’è posto per chi vivacchia di piccole clientele e per chi fa costantemente affidamento su un miserevole assistenzialismo.
Ci vuole classe dirigente coerente, responsabile e soprattutto coraggiosa in grado di accettare le sfide e non di delegare sempre e comunque le proprie responsabilità ad altri.
Per questo la relazione tra la nostra Sardegna è l’Europa non può più considerarsi come un rapporto da delegare allo stato italiano. Il nostro legame con l’Europa va ricostruito a partire dalla acquisizione della nostra piena indipendenza nazionale: solo allora anche noi, alla pari degli altri, potremmo sederci a discutere realmente di futuro, nostro e dell’Europa tutta.
Immaginate un po’ cosa vorrebbe dire organizzare in Sardegna nei prossimi anni un meeting come quello svoltosi in Ungheria nel maggio scorso. La nostra Gödöllő potrebbe chiamarsi Nuoro oppure Oristano, la nostra terra si chiamerebbe Repubblica di Sardegna e il nostro futuro apparirebbe sicuramente più luminoso e degno di essere vissuto.
Per costruire assieme la nostra Gödöllő avremo bisogno di tutta l'intelligenza del nostro popolo.
Frantziscu Sanna

ps. Alcuni link per approfondire gli esiti del meeting di Gödöllő.
http://ec.europa.eu/regional_policy/newsroom/pdf/201105_godollo.pdf
http://www.eu2011.hu/news/member-states-focus-results-and-growth-cohesion-policy

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