domenica 13 febbraio 2011

(4a Parte) Progettare un Repubblica nuova

La confusione postmoderna: dall’autonomia alla sovranità
Il dibattito attuale è all’insegna dell’ambiguità, non solo per gli obiettivi che ognuno giustamente si pone quanto per l’incapacità di spiegare in maniera chiara che cosa si vuol fare della Sardegna nel prossimo futuro. In tutto questo caos di posizioni e di definizioni la cosa che non si capisce è quale sarà la capacità della Sardegna del futuro di migliorare la qualità della vita dei propri cittadini?
Siamo alle solite, si dicono parole di cui si cambia il senso e si affermano concetti spesso ambivalenti. Niente insomma che abbia a che fare con la chiarezza.
Così l’indipendenza nazionale, concetto chiaro e se vogliamo anche banale, nei discorsi di qualcuno diventa non-dipendenza, inter-dipendenza e quant’altro possa servire a sviare il discorso da un chiaro assetto futuro delle nostre istituzioni. Nessuna idea chiara. Nessuna coscienza nazionale.
Si annuncia pubblicamente la morte dell’autonomia e poi si è pronti a rivendicare in maniera plateale, nei fatti, il proprio essere autonomisti. L’autonomia è morta ma gli autonomisti ci governano: paradossi di inizio millennio. La stagione dell’autonomia è finita ma gli autonomisti continuano a coccolare il patto costituzionale con lo Stato Italiano in nome di una nuova e più concreta autonomia. In gergo scientifico si chiama schizofrenia.
La parola interdipendenza può anche piacerci, ci mancherebbe altro, ma per strutturare legami e relazioni abbiamo bisogno di poter decidere, il poter decidere passa irrinunciabilmente per l’indipendenza nazionale.
Se è vero che la sovranità è un tema sulla bocca di tutti, non credo ci siano dubbi nell’affermare che noi, anticipando i tempi, alle scorse elezioni nazionali abbiamo fatto l’intera campagna elettorale chiedendo che si parlasse di questa parolina in maniera chiara e trasparente.
Acquisire sovranità, creare libertà nuove e inventare futuri possibili questo era il nostro slogan.
Ma è solo la somma delle sovranità nelle differenti materie, nelle diverse tematiche di cui si occupa uno stato, che può dar vita ad una vera indipendenza. Finché non si possiede la sovranità su tutto il possibile, escluse quelle materie da delegare agli organismi sovranazionali, non si ha indipendenza e non si può parlare di indipendentismo.
Se qualcuno sogna di essere indipendentista lasciando allo stato italiano la gestione della giustizia, della difesa e di quant’altro gli passi per la testa, probabilmente sta prendendo un piccolo/grande abbaglio. Dovrà scegliere un altro termine, meno impegnativo e molto più vicino alla realtà: autonomista potrebbe andare ancora bene.
Non è indipendentismo riempirsi la bocca di sovranità e lasciare che il documento che deve regolare il nostro vivere associato sia ancora la costituzione dello Stato Italiano, quasi fosse un totem irrinunciabile.
L’indipendenza, la piena indipendenza, è poter progettare e costruire una Repubblica nuova che, al pari con le altre Repubbliche del mondo, possa costruire interdipendenze, scambi economici e culturali.
Oggi il dibattito sulla sovranità è alquanto lacunoso, soprattutto se chiuso nell’orizzonte del federalismo italiano.
Faremo due esempi che rappresentano per noi una possibilità concreta di declinazione del termine sovranità in chiave repubblicana e di concreta trasformazione sociale. 


Segue… (5a Parte - Esercitare sovranità: temi e scenari nuovi)
Leggi l'articolo dall'inizio (1a Parte Progettare una Repubblica nuova)
testo modificato dell'intervento tenuto all'incontro orgnizzato da Sardegna Democratica su "Autonomia, sovranità, indipendenza" Cagliari | Hotel Mediterraneo | Sett.2010

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