Sono giorni frenetici di provvedimenti governativi, di
dichiarazioni di guerra, di avvio di campagne elettorali, di chiusura di
accordi, di instabilità di governo e soprattutto di ferie agostane.
Sarà colpa di questo clima caotico e allo stesso tempo
vacanziero ma pare proprio che la stampa in Sardegna, assieme a tutta la classe
politica autonomista, si sia dimenticata di commentare e di prendere posizione
rispetto ad un importante provvedimento del governo Letta, inserito nel
pacchetto sulla pubblica amministrazione, che è stato fatto passare come
qualcosa di naturale e scontato ma che, tuttavia, di naturale e scontato non
può e non deve avere nulla.
Stiamo parlando dell’istituzione dell’Agenzia nazionale per la coesione territoriale ossia una società a
capitale pubblico, di diretta emanazione ministeriale e governativa, che verrà
chiamata a gestire la politica di coesione europea in Italia per i prossimi
anni. Si, avete capito bene, gestire l’intera politica di coesione europea: una
partita che a livello italiano si aggira sui 30 miliardi e che per la Sardegna
vale all’incirca 1,5 miliardi al netto dei cofinanziamenti.
Il provvedimento, annunciato come salvifico rispetto
nell’annosa battaglia sulla spendita e rendicontazione dei fondi europei,
rappresenta un elemento di grande interesse nello scenario della gestione delle
risorse europee per i prossimi 7 anni di programmazione (2014-2020) e
soprattutto rappresenta una significativa virata in termini di nuovo
centralismo nella gestione dei fondi europei e delle politiche comunitarie.
Il ministro per la coesione Carlo Trigilia, facendo seguito
ad una proposta del governo Monti e del suo predecessore Barca, ha annunciato
che la costituzione di questa agenzia fornirà uno strumento in grado di
garantire all’Italia una corretta gestione dei fondi europei, con un
rafforzamento del coordinamento statale e con la possibile definizione di una
serie di poteri di intervento sulle strategie regionali in caso di
inadempienze.
Ora, è chiaro che questo tipo di provvedimento fa seguito
alla sperimentazione sviluppata attraverso il Piano di azione e coesione con
cui lo stato italiano ha cercato di accelerare la spendita delle risorse europee
nel corso del 2012/2013 ed è ancor più chiaro come questo provvedimento andrà
ad incidere fortemente sulle prerogative di gestione delle risorse da parte
delle entità territoriali, della Sardegna in primis.
Sebbene i contorni di questa opzione non siano ancora stati
chiariti, essa rappresenta -senza alcun dubbio-
una modalità di ricentralizzazione inaccettabile per Sardegna e per le sue prerogative. E’ su
queste scelte che decidono il futuro del nostro rapporto con l’Europa che si
gioca una partita importante per le nostre comunità. Una classe dirigente seria
dovrebbe esprimere la propria netta e assoluta contrarietà ad ipotesi di questo
genere. Invece a regnare è proprio il silenzio. Il silenzio dell’incapacità di
pensare ad un futuro differente basato su un reale processo di
autodeterminazione nazionale.
Già con l’adesione volontaria
da parte della giunta Cappellacci al “Piano d’azione per la coesione” i nostri
territori hanno visto volare via ingenti risorse dei POR per vederle riallocate
su obiettivi stabiliti dallo stato italiano e su opere che avrebbero già dovuto
avere copertura finanziaria (vedi la Olbia-Sassari).
Questa agenzia “nuova”, insomma, nasconde vizi antichi di
cui i sardi conoscono bene il significato: qualcuno sente forse nostalgia della
Cassa per il Mezzogiorno e delle sue strategie? Noi di certo no e auspichiamo
un nuovo protagonismo istituzionale che porti la Sardegna a costruire realmente
un rapporto diretto con le istituzioni europee e a rifiutare tentativi da
vetero centralismo che sa troppo di passato e poco di futuro possibile.
Frantziscu Sanna Carta
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