lunedì 2 settembre 2013

Sardegna e fondi europei: nuove agenzie che sanno di passato remoto.


Sono giorni frenetici di provvedimenti governativi, di dichiarazioni di guerra, di avvio di campagne elettorali, di chiusura di accordi, di instabilità di governo e soprattutto di ferie agostane.
Sarà colpa di questo clima caotico e allo stesso tempo vacanziero ma pare proprio che la stampa in Sardegna, assieme a tutta la classe politica autonomista, si sia dimenticata di commentare e di prendere posizione rispetto ad un importante provvedimento del governo Letta, inserito nel pacchetto sulla pubblica amministrazione, che è stato fatto passare come qualcosa di naturale e scontato ma che, tuttavia, di naturale e scontato non può e non deve avere nulla.
Stiamo parlando dell’istituzione dell’Agenzia nazionale per la coesione territoriale ossia una società a capitale pubblico, di diretta emanazione ministeriale e governativa, che verrà chiamata a gestire la politica di coesione europea in Italia per i prossimi anni. Si, avete capito bene, gestire l’intera politica di coesione europea: una partita che a livello italiano si aggira sui 30 miliardi e che per la Sardegna vale all’incirca 1,5 miliardi al netto dei cofinanziamenti.
Il provvedimento, annunciato come salvifico rispetto nell’annosa battaglia sulla spendita e rendicontazione dei fondi europei, rappresenta un elemento di grande interesse nello scenario della gestione delle risorse europee per i prossimi 7 anni di programmazione (2014-2020) e soprattutto rappresenta una significativa virata in termini di nuovo centralismo nella gestione dei fondi europei e delle politiche comunitarie.
Il ministro per la coesione Carlo Trigilia, facendo seguito ad una proposta del governo Monti e del suo predecessore Barca, ha annunciato che la costituzione di questa agenzia fornirà uno strumento in grado di garantire all’Italia una corretta gestione dei fondi europei, con un rafforzamento del coordinamento statale e con la possibile definizione di una serie di poteri di intervento sulle strategie regionali in caso di inadempienze.  
Ora, è chiaro che questo tipo di provvedimento fa seguito alla sperimentazione sviluppata attraverso il Piano di azione e coesione con cui lo stato italiano ha cercato di accelerare la spendita delle risorse europee nel corso del 2012/2013 ed è ancor più chiaro come questo provvedimento andrà ad incidere fortemente sulle prerogative di gestione delle risorse da parte delle entità territoriali, della Sardegna in primis.
Sebbene i contorni di questa opzione non siano ancora stati chiariti, essa rappresenta -senza alcun dubbio-  una modalità di ricentralizzazione inaccettabile per  Sardegna e per le sue prerogative. E’ su queste scelte che decidono il futuro del nostro rapporto con l’Europa che si gioca una partita importante per le nostre comunità. Una classe dirigente seria dovrebbe esprimere la propria netta e assoluta contrarietà ad ipotesi di questo genere. Invece a regnare è proprio il silenzio. Il silenzio dell’incapacità di pensare ad un futuro differente basato su un reale processo di autodeterminazione nazionale.
Già con l’adesione volontaria da parte della giunta Cappellacci al “Piano d’azione per la coesione” i nostri territori hanno visto volare via ingenti risorse dei POR per vederle riallocate su obiettivi stabiliti dallo stato italiano e su opere che avrebbero già dovuto avere copertura finanziaria (vedi la Olbia-Sassari).
Questa agenzia “nuova”, insomma, nasconde vizi antichi di cui i sardi conoscono bene il significato: qualcuno sente forse nostalgia della Cassa per il Mezzogiorno e delle sue strategie? Noi di certo no e auspichiamo un nuovo protagonismo istituzionale che porti la Sardegna a costruire realmente un rapporto diretto con le istituzioni europee e a rifiutare tentativi da vetero centralismo che sa troppo di passato e poco di futuro possibile.


Frantziscu Sanna Carta

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